IL TRIBUNALE Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quater d.lgs. n. 286/98, come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione; Proc.to n. 3538/10 R.G. N. R. - n. 1358/10 R.G. Dib. Contro Eraji Rabi nato in Marocco il 2 maggio 1982 imputato del reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98 come modificato dalla legge n. 189/2002 e successivamente modificato dalla legge n. 271/2004 perche', senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento impartitogli dal Questore di Ferrara ai sensi dell'art. 14 comma 5-bis T.U. n. 286/98 emesso in data 11 giugno 2010 (contenente avviso della sanzione da uno a quattro anni di reclusione) e nella stessa data a lui notificato, ordine conseguente a provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Ferrara in pari data, essendo inottemperante ad un precedente ordine del Questore. Con l'aggravante della recidiva infraquinquennale ai sensi dell'art. 99 comma 2 n. 2 c.p. In Ferrara il 12 luglio 2010. Visti gli atti del procedimento penale suindicato; Considerato che l'Eraji, in data 12 luglio 2010, veniva tratto in arresto da Militari della G.d.F. di Ferrara in quanto inottemperante all'ordine di allontanamento emesso dal Questore di Ferrara in data 11 giugno 2010, sul presupposto del decreto emesso in pari data dal Prefetto; che all'udienza di convalida dell'arresto il prevenuto dichiarava di non essersi allontanato dall'Italia in quanto nel maggio 2010 era stato investito da una vettura, riportando gravi lesioni per le quali era stato dapprima ricoverato in ospedale ed era tutt'ora oggetto di cure presso l'Ospedale civile di Ferrara; a causa di dette condizioni di salute e per poter continuare le terapie aveva ritenuto di trattenersi. La difesa dava dimostrazione della veridicita' dell'assunto del prevenuto producendo la documentazione di riferimento. Rilevato che i provvedimenti del Prefetto e del Questore datati 11 giugno 2010 recano esplicito richiamo ad analoghi provvedimenti emessi dalle medesime Autorita' in data 1° giugno 2010. Considerato che, con riferimento alla disciplina previgente alle modifiche introdotte con la legge n. 94 del 2009, la stessa giurisprudenza di legittimita' aveva posto un limite alla possibilita' di reiterare gli accertamenti dell'inottemperanza agli ordini di espulsione impartiti mediante l'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, stabilendo che, una volta accertata giudizialmente l'inottemperanza da parte dell'immigrato, non si potesse procedere nuovamente all'arresto ed alla relativa contestazione del reato previsto dall'art. 14 comma 5-ter, t.u. imm., per avere il cittadino straniero violato una seconda volta l'intimazione a lasciare il territorio nazionale, poiche' dopo la prima violazione dell'ordine occorreva procedere necessariamente con l'accompagnamento coatto alla frontiera (Cass., I sez. pen., 14 novembre 2005, n. 580) e, solo se lo straniero fosse rientrato dopo essere stato accompagnato ai confini, si poteva procedere ai sensi del comma 5-quater dell'art. 14; rilevato che il predetto limite, ispirato non solo dall'esigenza di perseguire fatti direttamente attribuibili agli immigrati e non anche le inefficienze degli apparati di controllo statuali, ma anche dall'apprezzabile ragione di non celebrare una serie di processi a carico della stessa persona, deve ritenersi caduto con l'entrata in vigore della nuova normativa, che espressamente incrimina la permanenza illegale «reiterata» nel territorio (art. 14, comma 5-bis) ed attribuisce al Questore un generale potere di disporre la mera intimazione a lasciare il Paese, con la conseguenza che ogni protrazione della permanenza puo' configurare un nuovo reato o un'estensione della permanenza della precedente condotta illecita (a seconda che venga o meno emesso un nuovo ordine di espulsione non coattivo); Ritenuto che tale interpretazione e' confermata pacificamente dal tenore dei commi 5-ter e 5-quater dell'art. 14 riformulati dalla legge n. 94/2009 ed in particolare dall'espresso e ripetuto richiamo alla procedura dettata dal comma 5-bis, nonche' dall'espressione «continua a permanere» utilizzata dal legislatore nel nuovo comma 5-quater in luogo di quella precedente «che viene trovato»; Ritenuto, tuttavia, che la nuova disciplina ed in particolare il nuovo comma 5-quater dell'articolo in esame, nella parte in cui consente una serie indefinita di arresti e processi nei confronti della stesso immigrato irregolare deve essere sottoposta ad una valutazione di compatibilita' con la Costituzione, poiche' non appare manifestamente infondata l'ipotesi di un suo contrasto con la carta fondamentale. O s s e r v a 1. Violazione dell'art. 3, 1° comma, della Costituzione per l'irragionevole mancata previsione di un giustificato motivo per la permanenza sul territorio nazionale nell'art. 14 comma 5-quater d.lgs. n. 286/98; L'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98. E' noto come requisito necessario per la configurabilita' del reato di cui all'art. 15, comma 5-ter, T.U. sull'immigrazione, sia l'assenza di un «giustificato motivo» del trattenimento sul territorio, concetto volutamente generico e non codificato, come tale, comprensivo di una molteplicita' di situazioni oggettive e soggettive anche piu' ampie rispetto allo stato di necessita' ovvero alle ordinarie cause di giustificazione, connesse eventualmente alla tutela dei diritti fondamentali della persona nell'ottica della valorizzazione di una interpretazione piu' conforme ai principi costituzionali (si pensi alle condizioni di salute dello straniero o di un prossimo congiunto, allo stato di gravidanza o alla nascita di figli minori, come pure alle persecuzioni razziali, allo stato di guerra del paese di provenienza, all'imminente matrimonio con cittadino italiano, all'imminente rilascio di documenti dall'autorita' consolare ovvero ad altre cause che impediscono la mobilita' del cittadino). Una lettura costituzionalmente orientata della norma ha imposto ai giudici di merito e di legittimita' la ricerca dei confini del giustificato motivo sul presupposto che il delitto sanziona una condotta omissiva (ovvero l'inosservanza al provvedimento di espulsione) e che proprio la previsione della esimente del giustificato motivo costringe a valutare in modo piu' rigoroso l'esistenza della colpevolezza e, quindi, il dolo del reato. Va da se' che, affinche' la condotta omissiva sia sanzionata penalmente, essa deve essere innanzitutto esigibile da chi deve osservare il precetto. Su tali premesse, va detto che numerose sono le pronunce della Suprema Corte di cassazione in tema di giustificato motivo. In linea generale circa la valutazione della suddetta esimente, e' stato precisato che, ai fini della sussistenza del giustificato motivo, idoneo ad escludere la configurabilita' del reato di inosservanza all'ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato, non e' sufficiente la considerazione del mero disagio economico, di regola sottostante al fenomeno migratorio, ma occorre la condizione di assoluta impossidenza dello straniero, che non gli consenta di recarsi entro il termine assegnato alla frontiera e di acquistare il biglietto per il viaggio (cfr. Cass. pen. sez. 1°, Sentenza n. 42384 del 6 dicembre 2006 proc. Singh). Ed ancora (cfr. Cass. pen. sez. 1, Sentenza n. 40315 del 26 ottobre 2006 proc. Batir), a proposito delle difficolta' economiche dell'immigrato, e' stato chiarito che la sussistenza del giustificato motivo per cui lo straniero si e' trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di allontanarsene entro cinque giorni ai sensi dell'art. 14-ter d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, deve essere valutata con riguardo a situazioni ostative - l'onere della cui prova grava sull'interessato - incidenti sulla sua stessa possibilita', oggettiva o soggettiva, di ottemperarvi, escludendola ovvero rendendola difficoltosa, non anche con riferimento ad esigenze che riflettono la condizione tipica del migrante clandestino, come la mancanza di un lavoro regolare ovvero la provenienza di mezzi economici da attivita' non regolari o non stabili. Tuttavia, si legge in altre decisioni (confronta Cass. pen. sez. 1, Sentenza n. 30774 del 25 maggio 2006 Ud. proc. Alexandru Nicolau), che, ai fini della sussistenza del «giustificato motivo», pur avendo lo straniero l'onere di allegare i motivi non conosciuti ne' conoscibili dal giudicante, permane in capo al giudice il potere-dovere di rilevare direttamente, quando sia possibile, l'esistenza di ragioni che legittimano l'inosservanza dell'ordine di allontanamento. Sulla scia di tale decisione si pongono altre massime che hanno valorizzato il dato ponderale della impossidenza economica dell'immigrato rilevabile dal giudice, idonea a configurare il giustificato motivo. Secondo i giudici di legittimita', i motivi che, in base all'art. 14 comma 1° d.lgs. n. 98/286, legittimano la p.a. a non procedere all'esecuzione con accompagnamento coattivo alla frontiera, ossia la necessita' di soccorso, la difficolta' di ottenere i documenti di viaggio, l'indisponibilita' del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, costituiscono indici di riconoscimento della inesigibilita' della condotta richiesta allo straniero in applicazione del principio ad impossibilia nemo tenetur. In particolare, costituisce giustificato motivo l'inadempimento conseguente alle condizioni di assoluta impossidenza dello straniero il quale non puo' recarsi nel termine della frontiera ne' acquistare il biglietto di viaggio, ovvero al mancato rilascio da parte della competente autorita' diplomatica o consolare dei documenti necessari (cfr. in tal senso Cass. pen. sez. 1, 18 settembre 2006 n. 30779 Farina Fontan). Giova ancora richiamare altra recente pronuncia (Cass. pen. sez. 1, n. 8352 dell'8 febbraio 2008 imputato Cisse) che, relativamente alla inottemperanza all'ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, per indisponibilita' di mezzi economici per l'acquisto del titolo di viaggio, ha precisato in modo analitico e rigoroso i parametri e criteri di accertamento. Nella motivazione, la Corte ha ribadito che, se e' vero che al soggetto inottemperante compete un onere di allegazione e non gia' di dimostrazione del proprio assunto, l'onere di allegazione e' convenientemente adempiuto quando il riferimento al motivo, alle ragioni od alle circostanze poste a base del mancato ottemperamento sia connotato da concretezza e non in contrasto con elementi desumibili dagli atti. In altri termini, la carenza di mezzi economici in misura tale da non consentire allo straniero di allontanarsi dallo Stato, non deve consistere in una mera affermazione generica e non accompagnata da un qualche riferimento concreto che renda possibile il giudizio di esigibilita' o meno dell'obbligo non rispettato, ne' deve porsi in contrasto con i dati fattuali emergenti dagli atti. Inoltre, quanto all'apprezzamento spettante al giudice del merito della esistenza della esimente speciale, e' stato precisato che: esula dall'ambito applicativo della esimente ogni ipotesi di scelta volontaria o libera dell'espulso (cfr. Cass. pen. sent. n. 19131/06) pur se connessa ad esigenze degne di tutela, quale quella di presentare una istanza di «emersione» (o sanatorio) e di attenderne la definizione (cfr. Cass. sentenze n. 45431/05 e n. 48863/03); deve, di contro, darsi risalto allo stato di grave condizionamento psichico, indotto da circostanze concrete, tali da rendere inesigibile l'ottemperanza all'ordine del Questore (cfr. Cass. sent. n. 32929/05); con particolare riguardo alla dibattuta questione della possibilita' che la condizione economica dell'obbligato possa integrare l'esimente in esame, non puo' costituire l'esimente stessa la mera difficolta' di reperire i fondi necessari all'acquisto del titolo di viaggio (cfr. Cass. sent. n. 19086/06), ma soltanto la grave assoluta impossidenza, da accertarsi con riguardo alle condizioni personali e di inserimento sociale dello straniero e da valutarsi anche in relazione al costo del viaggio di rimpatrio nel concreto imposto (cfr. Cass. sent. n. 25640/06); compete, comunque, al giudice del merito effettuare il dovuto scrutinio, al di la' dell'onere di allegazione dell'interessato, ed allo stesso Giudice incombe di dare, adeguata e logica motivazione della valutazione effettuata (cfr. Cass. sent. n. 30774/06). In altri termini, i criteri di riconoscimento della esimente speciale sono improntati ad un estremo rigore ma, al contempo, essi mirano a salvaguardare il giusto equilibrio e contemperare le esigenze di tutela sociale alle quali e' preposto l'ordine di espulsione con i diritti fondamentali dello straniero garantiti dalle norme costituzionali. Ne discende che, mentre la mera difficolta' di adempiere (tipica delle condizioni in cui versano tutti i migranti) non integra il giustificato motivo, diversamente, la grave impossibilita' di adempiere sia per la estrema impossidenza economica sia per le molteplici cause codificate nelle norme contenute nello stesso testo unico poste a protezione del migrante (sopra richiamate a titolo esemplificativo) configurano la speciale causa di giustificazione. Con riferimento alla indisponibilita' dei mezzi necessari e sufficienti per l'acquisto del titolo di viaggio per l'allontanamento, la Suprema Corte ha precisato che il giudice dovra' tener conto dell'accertamento: 1) della presumibile situazione economica dell'interessato, desumibile tanto dai proventi di qualsivoglia attivita' egli svolga od abbia svolto in Italia, quanto dal tempo di accertata presenza irregolare dello stesso sul territorio nazionale e dalle condizioni personali di suo inserimento sociale. 2) del costo presumibile per l'acquisto del titolo di viaggio, tenendo presente che l'allontanamento deve avvenire non gia', necessariamente, con rimpatrio nel paese di origine, bensi', secondo la ragionevole previsione dell'art. 14, comma 5-bis del T.U. in direzione di qualunque altro luogo situato fuori del territorio dello Stato italiano, (ben potendo emergere che lo straniero possa avere collegamenti personali con tali luoghi). L'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98. Per contro, la nuova norma incriminatrice introdotta dal comma 5-quater dell'art. 14 del testo unico delle leggi sull'immigrazione appare in contrasto con l'art. 3, 1° comma, della Costituzione, poiche' sanziona indefettibilmente ogni condotta di illegale permanenza sul territorio nazionale del cittadino extracomunitario, successiva ad una prima inottemperanza all'ordine di espulsione. La disposizione, non prevedendo alcuna ipotesi di «giustificato motivo» di permanenza sul territorio italiano dello straniero gia' espulso, stabilisce un trattamento deteriore per quest'ultimo, rispetto a quello riservato allo straniero alla prima inottemperanza. Se la violazione dell'ordine di espulsione e' stata finora sempre considerata penalmente irrilevante nei casi di sussistenza di un giustificato motivo, sia pure nella rigorosa accezione delineata dalla Consulta nella sentenza n. 5/2004 («situazioni ostative di particolare pregnanza, che incidano sulla stessa possibilita', soggettiva od oggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa»), nella fattispecie in esame lo straniero, gia' inottemperante all'ordine di uscire dai confini nazionali, non ha piu', a partire dal secondo accertamento della sua permanenza irregolare nel Paese, alcuna possibilita' di allegare quelle stesse situazioni che rendono impossibile o pericoloso adempiere all'ordine di espulsione. Eppure tali impedimenti ben possono sopravvenire rispetto al primo accertamento della violazione; si pensi a malattie oppure a stati di guerra o calamita naturale nella nazione di provenienza del cittadino straniero sorti dopo la prima inottemperanza all'intimazione di lasciare il territorio italiano, gia' sanzionata con l'arresto ed il contestuale processo con rito direttissimo. Ne deriva che I'imputato che si trovi a dover fronteggiare le suddette evenienze - assolutamente estranee alla sua sfera volitiva - non avra' alcuna possibilita' di far valere fondamentali elementi a discarico nel processo instaurato contro di lui per la commissione del reato previsto dal comma 5-quater dell'art. 14 t.u. immigraz., divenendo soggetto per questa via ad una serie indefinita di arresti, processi e condanne per tutta la durata della situazione ostativa alla partenza dall'Italia. E' evidente, a questo punto, la disparita nel trattamento di situazioni giuridiche omologhe, quali sono quelle dei responsabili dei reati rispettivamente previsti dai commi 5-ter e 5-quater del citato art. 14. La maggiore ed ingiustificata asprezza del precetto penale previsto dalla seconda disposizione pone la stessa in contrasto con il principio di uguaglianza nell'accezione consolidata datane dalla Corte costituzionale. Ulteriore profilo di contrasto della norma in esame con l'art. 3, 1° comma, della Costituzione e' quello dell'irragionevole sottoposizione al medesimo trattamento sanzionatorio di due condotte oggettivamente dissimili; quella, rilevante nel caso di specie, dello straniero che continua a permanere sul territorio nazionale in violazione dell'intimazione a lasciarlo, impartitagli a norma del comma 5-bis dell'art. 14 e quella - oggettivamente piu' grave - dello straniero che continui a permanere nel Paese dopo essere stato accompagnato coattivamente alla frontiera, a norma del comma 5-ter. E' chiaro che una mera omissione non puo' essere equiparata ad effettiva azione contraria, quale quella di chi si sottrae al servizio di accompagnamento al confine o lo rende inutile varcando nuovamente i confini d'ingresso del nostro Paese. Concludendo sullo specifico punto, la disparita' segnalata non appare colmabile facendo ricorso alla scriminante di ordine generale di cui all'art. 54 c.p. stante i limiti ermeneutici intrinseci a detta norma, la quale trova configurabilita' solo a fronte della provata sussistenza di un «pericolo attuale di un danno grave alla persona» non altrimenti evitabile. 2. Violazione dell'art. 27, 1° comma, della Costituzione per il contenuto di responsabilita' oggettiva insito nel nuovo comma 5-quater dell'art. 14 t.u. imm. Il comma 5-quater dell'art. 14 d.lgs. n. 286/98 e anche in contrasto con l'art. 27, 1° comma, della Costituzione. La disposizione, infatti, incrimina in modo automatico ogni accertamento della perdurante inottemperanza ad ordini di espulsione emessi ai sensi del comma 5-bis dell'art. 14, non ponendo alcun limite numerico al numero di tali accertamenti, con il risultato di poter determinare una serie illimitata di arresti e processi penali. E' noto che nel vigore della formulazione della norma precedente all'approvazione della legge n. 94/2009 il comma 5-quater prevedeva la sanzione peri soli casi di «nuova» permanenza sul territorio nazionale, con cio' definendosi un diverso periodo di soggiorno illegale dello straniero «gia' espulso con accompagnamento coattivo» alla frontiera. Si e' gia' visto in precedenza come questa piu' grave condotta «attiva» di trasgressione della normativa sull'immigrazione sia ora irragionevolmente parificata al perdurare della mera situazione «omissiva» di soggiorno irregolare. Ebbene, la formulazione normativa previgente del comma 5-quater, interpretata dalla giurisprudenza di legittimita' formatasi a partire dalla citata decisione della prima Sezione penale della S.C. del 14 novembre 2005, n. 580, interveniva a punire solo le condotte dei migranti gia' precedentemente accompagnati alla frontiera, nuovamente trovati nel territorio dello Stato. Il nuovo esercizio del potere sanzionatorio veniva, percio', agganciato ad un'effettiva ed autonoma trasgressione dell'immigrato, laddove l'attuale tenore della stessa disposizione punisce indefinitamente la mera «permanenza illegale» dello stesso nel Paese, non caratterizzata da alcuna soluzione di continuita' rispetto all'iniziale non facere. L'elemento che deve essere messo in risalto, al fine di evidenziare il contrasto del comma 5-quater con il principio di responsabilita' personale, e quello della possibilita' - offerta dalla legge n. 94/2009 al Questore - di reiterare senza limiti gli ordini di espulsione emessi ai sensi del comma 5-bis per l'impossibilita' di accompagnare coattivamente alla frontiera l'interessato. Se, dunque, sulla base del citato orientamento la cassazione aveva qualificato come soggetto a «consumazione» il potere d'intimazione del Questore, dovendo lo stesso necessariamente riuscire ad eseguire coattivamente l'espulsione dopo l'accertamento processuale della prima inottemperanza, la medesima disposizione novellati dalla legge del 15 luglio 2009 indubitabilmente garantisce all'organo provinciale di pubblica sicurezza la facolta' di ricorrere sempre e comunque al predetto potere d'intimazione in tutti i casi in cui non sia possibile l'accompagnamento alla frontiera. Non lascia dubbi la locuzione «si applicano in ogni caso» le disposizioni del comma 5-ter, che, a sua volta, richiama il precedente comma 5-bis ed il correlativo «ordine di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni». Emerge, a questo punto, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del comma 5-quater dell'art. 14 t.u. imm., nella parte in cui prevede, in combinato disposto con i commi 5-bis («l'ordine e doto con provvedimento scritto recante l'indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato») e 5-quinquies la possibilita' di reiterati procedimenti con connessi arresti in flagranza inerenti alla mera perdurante presenza sul territorio italiano dello straniero gia' inottemperante all'intimazione di espulsione impartita ai sensi del comma 5-bis e per questo gia' processato. E' doveroso, quindi, porsi il problema della compatibilita' con l'art. 27, 1° comma della Costituzione della norma in esame, poiche' la protrazione ulteriore della condotta illecita e la conseguente commissione del distinto reato (rispetto all'ipotesi-base incriminata tuttora dal comma 5-ter) previsto dall'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/1998 vengono ad essere effettivamente determinare dalla inefficienza della p.a. nell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione. In definitiva, se la commissione di un reato e' influenzata in modo determinante dall'attivita' di un organo statuale e doveroso dubitare della legittimita' costituzionale della norma istitutiva del relativo precetto penale, poiche' ne risulta svilito il principio della responsabilita' personale, potendo l'imputato subire pesanti conseguenze dalla concorrente inerzia proprio degli enti pubblici deputali all'applicazione delle norme sull'immigrazione: si pensi, ad esempio, alla impossibilita di fruire della sospensione condizionale della pena nei casi di molteplici condanne determinate dalla reiterata inerzia nel procedere all'accompagnamento alla frontiera. Ne', in senso contrario, puo' richiamarsi il dominante orientamento della cassazione sulla natura permanente del reato di inottemperanza all'ordine di espulsione (VI sez. pen., 19 marzo 2008 - 3 luglio 2008 cit.). Infatti, la notevole - ed indefinita - dilatazione dell'ambito applicativo del nuovo art. 14, comma 5-quater, t.u. imm. non si concilia proprio con la giurisprudenza costituzionale che ha agganciato la natura permanente o meno di una fattispecie criminosa non tanto ad una estemporanea definizione legislativa, quanto alla concreta manifestazione della condotta tipica, cosi come interpretata dalla giurisprudenza. In proposito, puo' citarsi la sentenza della Corte costituzionale del 26 novembre 1987, n. 520. Si tenga conto, infine, che, mentre in diversi casi disciplinati da altre norme penali il perdurare dell'omissione acquistava rilevanza penale anche in virtu' dell'incoercibilita' della condotta doverosa (cfr. C. Cost., sent. 5 marzo 1998, n. 46 in tema di servizio militare di leva), nel caso in esame, poiche' il provvedimento di espulsione e' eseguibile coattivamente senza una particolare collaborazione da pane del destinatario, non puo' ascriversi alla volonta' dell'immigrato la responsabilita' per le condotte successive al primo accertamento processuale dell'inottemperanza. Alla stregua di questa elaborazione dell'alta Corte sui confini della punibilita', la norma in esame deve ritenersi compatibile con il principio di responsabilita' personale posto dall'art. 27 Cost., nella misura in cui la permanenza della condotta omissiva cessi comunque con la sentenza di condanna non seguita da provvedimento di espulsione effettiva, non potendosi ritenere ammissibile sotto il profilo costituzionale un meccanismo indefinito di processi con «arresti a catena» di una persona inottemperante ad un primo ordine di espulsione, che non sia stato accompagnato alla frontiera all'atto del secondo accertamento della violazione, in virtu' dell'apodittica formulazione dell'ultimo periodo del comma 5-ter («qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento»). Peraltro, a conferma della tesi in qui esposta, non si rinviene nella fattispecie penale in esame quella perdurante lesione di un bene giuridico, tipica dei reati permanenti (si pensi al sequestro di persona od all'omissione d'atti d'ufficio), configurandosi piuttosto il delitto posto dall'art. 14, comma 5-quater, t.u. (unitamente agli altri contenuti nello stesso testo unico) come un reato di «mera disobbedienza» o formale. L'immigrato irregolare, infatti, disobbedisce ad un precetto, ma non compromette certamente l'integrita' territoriale del Paese, ne' il buon andamento della pubblica amministrazione o le esigenze del bilancio e nemmeno l'ordine pubblico, turbato, come e' noto, solo da fatti concreti almeno potenzialmente offensivi della tranquillita' sociale e dell'incolumita' individuale. Tuttavia, poiche' la normativa sin qui esaminata e stata introdotta proprio per permettere il meccanismo indefinito di processi con «arresti a catena», con la sostanziale surroga della detenzione (in virtu' dell'accumulo delle condanne e degli effetti della recidiva) alla piu' proporzionata e doverosa esecuzione in via amministrativa delle disposizioni sull'immigrazione (accompagnamenti e respingimenti motivati di soggetti specificamente individuati) appare necessario sollevare la questione di legittimita' costituzionale del comma 5-quater dell'art. 14, d.lgs. n. 286/98, nella parte in cui richiama I'ultimo periodo del precedente comma 5-ter e sanziona reiteratamente plurime inosservanze della mera intimazione a lasciare il territorio nazionale, senza l'adozione del servizio pubblico di accompagnamento ai confini. 3. La rilevanza della questione. Nel processo odierno la questione e' rilevante poiche' Eraji Rabi, essendo gia' stato destinatario dei provvedimenti (decreto di espulsione e ordine di allontanamento) emessi ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter, t.u. imm. e' ora chiamato a rispondere del reato previsto dall'art. 14, comma 5-quater, per avere continuato a permanere sul territorio nazionale nonostante l'intimazione a lasciarlo. Se si ritenesse non conforme alla Costituzione la possibilita' di reiterare gli ordini di espulsione e le relative conseguenze penali, e' evidente che il processo con rito direttissimo a carico del predetto non potrebbe portare alla condanna del prevenuto. Allo stesso modo, dal momento che Eraji Rabi ha allegato di essersi trattenuto sul territorio del Paese per i motivi sopra evidenziati, con conseguente dovere per il giudicante di valutare se tali dati di fatto - ove riscontrati nella loro sussistenza e rilevanza fattuale - configurino una ipotesi di giustificato motivo, emerge la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, nella parte in cui prevede che la continuativa permanenza irregolare sul territorio nazionale costituisca reato a prescindere dalla sussistenza di un giustificato motivo per essere nuovamente inottemperanti all'ordine di espulsione.